Covid e visoni, c’è del marcio in Danimarca

135710257-a204c5c6-c576-42f6-ab58-41bc442c5eefMilioni di animali da pelliccia infetti con un nuovo ceppo del virus abbattuti illegalmente dal governo. Poi sepolti vicino a sorgenti di acqua potabile. Un ministro si dimette, la premier piange. Un pasticcio  che ha quasi un sapore nostrano.

AGI – 28 novembre 2020.

Milioni di carcasse di visoni potenzialmente infetti con una perniciosa variante del Covid sono state sepolte nel primo pezzo di terra libera sbrigativamente individuato, senza curarsi che nelle vicinanze ci sono una fonte di acqua potabile e un lago balneare, e si rischia di ammorbare le forniture idriche degli abitanti e le nuotate estive. Sembra un orrore da ‘Terra dei fuochi’, invece è l’incredibile pasticcio combinato in Danimarca, dove i giornali ci sono andati a nozze e da giorni martellano il governo con lo scandalo battezzato “minkgate” (mink sta per visone).

La vicenda fin dall’inizio si è dipanata con cadenze d’improvvisazione assai poco luterana, in una sequenza di gaffe alle vongole, culminate due giorni fa nelle lacrime della premier socialdemocratica Mette Fredriksen, che si è messa a piangere mentre ammetteva gli errori a ripetizione.

Tutto è cominciato qualche settimana fa, quando nei visoni che in Danimarca si allevano per trasformarli in lussuose pellicce, con un fatturato di 840 milioni di euro all’anno e un’industria con 6.000 addetti, è stata isolata una mutazione del Sars-Cov2. La signora Fredriksen, che presiede un governo di minoranza, ha adottato la linea dura per stroncare subito ogni possibilità di contagio: abbattimento di tutti i 17 milioni di visoni d’allevamento presenti nel Paese.

Abbattimento illegale

Eseguita la sentenza capitale collettiva, il governo si è accorto che la legge non la consentiva. Si sarebbero potuti uccidere solo i visoni contagiati, i loro compagni di allevamento e quelli custoditi nel raggio di 7,8 chilometri.

Per metterci una pezza, si è pensato di far approvare alla svelta una leggina apposita e sanare l’illegalità stabilendo, ex post, il divieto di allevamento di visoni in Danimarca fino al 2022. Senonché, è saltato fuori che già da settembre il ministro dell’Agricoltura Mogens Jensen era informato dell’impossibilità giuridica di ordinare l’abbattimento dell’intera popolazione di visoni. Conseguenti dimissioni di Jensen, che però – si è saputo – aveva fatto presente il problema legale alla premier, la quale ciò nonostante aveva deciso di tirare dritto, con l’unica cautela di comunicarlo con una lettera al Parlamento.

Agli allevatori, invece, Mette Fredriksen non ha scritto, ma ha mandato la polizia per intimare l’abbattimento totale dei visoni. La polizia sapeva che quell’ordine era illegale, ma ha fatto finta di niente. E anche il capo della polizia, Thorkild Fogde, ha dovuto scusarsi, benchè a differenza della premier non sia scoppiato in lacrime.

I visoni-zombi

Come che sia, c’erano da smaltire quei milioni di visoni morti. Le inumazioni sono cominciate, ma senza scavare troppo in profondità, sicché i mustelidi sono riaffiorati, come macabri zombi, spinti in superficie dai gas della decomposizione. I primi in un terreno attorno alla base militare di Holsterbo, poi anche altrove. Verrebbe da dire, c’è del marcio in Daminarca. Allora, per dare sepoltura più durevole ai milioni di mustelidi ancora da interrare, si è escogitata l’idea di una grande fossa comune nella Jutland.

Salvo scoprire dopo che il sito era troppo vicino a un lago a una falda acquifera. L’opposizione in Parlamento ora chiede una commissione d’inchiesta, e anche questo ha un sapore nostrano, mentre il governo è impelagato in una trattativa con gli allevatori di visoni, che pretendono i debiti rimborsi: l’offerta di 380 milioni di euro non è parsa sufficiente, si continuerà a discutere. Qualche giorno fa, cortei di trattori – come di tanto in tanto si vedono nei centri delle nostre città quando gli agricoltori vogliono farsi sentire in tv – hanno sfilato a Copenhagen e Aarhus

La “linea della palma”

Viene in mente la linea della palma di Leonardo Sciascia, la metafora inventata dallo scrittore siciliano nel suo “Il giorno della civetta” per descrivere il lento ma inesorabile dilagare della mafia fuori dalla Sicilia ma che riguarda più estesamente l’inefficienza, la dolosa approssimazione, la sorda arroganza che così spesso sfregiano il volto delle istituzioni nel nostro Sud.

Sciascia fa dire a un personaggio minore, il dottor Brescianelli, medico di Parma amico del protagonista, il capitano Bellodi: “Forse tutta l’Italia va diventando Sicilia… A me è venuta una fantasia, leggendo sui giornali gli scandali di quel governo regionale: gli scienziati dicono che la linea della palma, cioè il clima che è propizio alla vegetazione della palma, viene su, verso il nord, di cinquecento metri, mi pare, ogni anno… La linea della palma… Io invece dico: la linea del caffè ristretto, del caffè concentrato… E sale come l’ago di mercurio di un termometro, questa linea della palma, del caffè forte, degli scandali: su su per l’Italia, ed è già, oltre Roma…”. Ecco, forse quella linea è già oltre Copenhagen.

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