LA LETTERA DI GIORGIO ARMANI AGLI AMERICANI: “LA MODA ORA DEVE RALLENTARE IL SUO RITMO INSOSTENIBILE”

GA personal- courtesy of Giorgio Armani-U430201361239385UaG-U31803721590945iF-656x492@Corriere-Web-Sezioni

«Il momento è complicato ma ci offre la possibilità di aggiustare quello che non va e riguadagnare una dimensione più umana». L’invito trova d’accordo illustri colleghi, da Donatella Versace a Rick Owens, da Elisabetta Franchi e Marco Baldassarri di Eleventy Giorgio Armani ancora una volta detta la linea. È stato il primo a sfilare a porte chiuse, non senza sollevare qualche perplessità. Aveva capito subito la gravità della situazione ed era stato pronto a mettersi in gioco. In seguito all’aumento dei casi di contagio in Italia, dopo aver donato due milioni di euro per sostenere gli ospedali più impegnati nella ricerca e aver convertito tutti i suoi stabilimenti produttivi della Penisola nella produzione di camici monouso destinati alla protezione individuale degli operatori sanitari, ora il designer invita il mondo fashion e ri-progettare la moda dopo il Coronavirus. Prospetta un mondo meno spettacolarizzato, dove a contare tornano i vestiti, Lo fa con un lettera aperta agli americani (sul magazine WWD). E prospetta un nuovo, più intimo scenario per la moda. «Le persone vorranno vestiti che durino». L’invito è a rallentare. La lettera ha già sollevato il dibattito e trova d’accordo illustri colleghi, da Donatella Versace a Elisabetta Franchi e da Marco Baldassarri di Eleventy Rick Owens. Ecco il testo integrale della lettera dello stilista. Scrivo questa lettera aperta a WWD, e in particolare a Miles Socha e ai suoi collaboratori Samantha Conti, Alessandra Turra e Luisa Zargani, in relazione l’ottimo pezzo Will Flood of Collections Yield to Slower Fashion? pubblicato ieri, 2 Aprile. Mi congratulo: la riflessione su quanto sia assurdo lo stato attuale delle cose, con la sovrapproduzione di capi e un criminale non allineamento tra stagione metereologica e stagione commerciale, è coraggiosa e necessaria. Ne condivido ogni punto, solidale con le opinioni espresse dai miei colleghi. Sono anni che sollevo i medesimi interrogativi durante le conferenze stampa successive ai miei show, sovente inascoltato, o ritenuto moralista. Il declino cominciato quando si è rincorso il fast fashion L’emergenza attuale dimostra invece come un rallentamento attento ed intelligente sia la sola via d’uscita.Una strada che finalmente riporterà valore al nostro lavoro e che ne farà percepire l’importanza e il valore veri al pubblico finale. Il declino del sistema moda per come lo conosciamo è iniziato quando il settore del lusso ha adottato le modalità operative del fast fashion, carpendone il ciclo di consegna continua nella speranza di vendere di più, ma dimenticando che il lusso richiede tempo, per essere realizzato e per essere apprezzato. «Io non lavoro così, è immorale» Il lusso non può e non deve essere fast. Non ha senso che una mia giacca o un mio tailleur vivano in negozio per tre settimane prima di diventare obsoleti, sostituiti da merce nuova che non è poi troppo diversa. Io non lavoro così, e trovo immorale farlo. Ho sempre creduto in una idea di eleganza senza tempo, che non è solo un preciso credo estetico, ma anche un atteggiamento nella progettazione e realizzazione dei capi che suggerisce un modo di acquistarli: perché durino. Mentalità sbagliata, da cambiare Per lo stesso motivo, trovo assurdo che in pieno inverno in boutique ci siano i vestito di lino e in estate i cappotti di alpaca, per il semplice motivo che il desiderio d’acquisto va soddisfatto nell’immediato. Chi acquista per mettere in armadio aspettando la stagione giusta? Nessuno o pochi, penso io. Ma questa, spinta dai department store, è diventata la mentalità dominante. Sbagliata, da cambiare. Questa crisi è una meravigliosa opportunità per rallentare e riallineare tutto; per disegnare un orizzonte più vero. Basta spettacolarizzazione, basta sprechi Sono già tre settimane che lavoro con i miei team perché, usciti dal lockdown, le collezioni estive rimangano in boutique almeno fino ai primi di settembre, come è naturale che sia. E così faremo da ora in poi. Questa crisi è anche una meravigliosa opportunità per ridare valore all’autenticità: basta con la moda come puro gioco di comunicazione,

basta con le sfilate cruise in giro per il mondo per presentare idee blande e intrattenere con spettacoli grandiosi che oggi ci si rivelano per quel che sono: inappropriati, e se vogliamo anche volgari. I viaggi che inquinano Sprechi di denaro che inquinano e sono verniciate di smalto sul nulla. Eventi speciali devono succedere per occasioni speciali, non come routine. Il momento che stiamo attraversando è turbolento, ma ci offre anche la possibilità, unica davvero, di aggiustare quello che non va, di riguadagnare una dimensione più umana. È bello vedere che in questo senso siamo tutti uniti. Per il retail sarà una prova importante. Agli operatori americani della moda voglio mandare il mio più sentito incoraggiamento per le settimane difficili che dovremo affrontare. Uniti, ce la faremo. Ma dovremo essere uniti: questa è forse la più importante lezione di questa crisi. Giorgio Armani

Fonte: wwwilcorriere.it

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